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Confronto tra Daisy Miller e Le quattro casalinghe di Tokio

Confronto tra Daisy Miller e Le quattro casalinghe di Tokio

Non vedevo l’ora di fare un confronto tra Daisy Miller e Le quattro casalinghe di Tokio.

Cosa hanno in comune, infatti, due libri così diversi come Daisy Miller di Henry James e Le quattro casalinghe di Tokyo di Natsuo Kirino? La condizione della donna nell’Europa di fine ‘800 e in Giappone negli anni ‘90. Sembrerebbe che le cose siano migliorate ai giorni nostri, ma è poi davvero così?

Trame dei due romanzi

Daisy Miller

Daisy Miller è la frizzante e vivace protagonista del lungo racconto ambientato in Svizzera e poi a Roma. Il narratore è un giovane americano, che passeggiando nei pressi del castello di Chillon in Svizzera, incontra Daisy Miller, una giovanissima e vivace fanciulla anch’essa americana, molto diversa dalle ragazze europee, con le quali è abituato a interagire.

Daisy pensa solo a divertirsi, non preoccupandosi di essere accompagnata nelle sue scampagnate dalla madre o da chicchessia; questo crea molto imbarazzo nella società dell’epoca, in Svizzera come in Italia, dato che una ragazza che esce da sola con un giovanotto non può che essere definita come una civetta e una poco di buono. E la cosa più assurda è che Daisy non ha nessuna intenzione di essere una civetta! E’ solo la società che le “impone” questo ruolo, quella stessa società che poi la escluderà. Così come la escluderà il nostro bigottissimo narratore, affascinato da lei in un primo momento, ma che non esiterà a voltarle le spalle quando gli farà più comodo.

Confronto tra Daisy Miller e Le quattro casalinghe di Tokio

Le quattro casalinghe di Tokio

Le quattro casalinghe di Tokyo, invece, parla della storia di quattro donne che lavorano part time di notte in una fabbrica che prepara colazioni confezionate. Queste quattro donne non sono amiche per la pelle, ma saranno legate da un avvenimento molto importante, che le porterà per forza di cose a collaborare e a mantenere un enorme segreto.

All’apparenza è l’evento stesso che si abbatte sulle donne, quasi come se loro accettassero passivamente quell’atroce incombenza, ma è davvero così? Quanto, invece, vogliono esserci dentro fino al collo? Quanto pesa il fatto che il romanzo parla del riscatto delle donne, molto spesso relegate in un angolino, a fare un lavoro non soddisfacente per portare avanti la famiglia e mettere le toppe a quello che gli uomini non sono capaci di fare? Può una donna in queste condizioni di abnegazione compiere un’azione atroce per rivendicare il proprio ruolo di donna nonchè essere umano? Penso siano proprio queste le domande e le riflessioni sulle quali l’autrice vuole farci aprire gli occhi.

Considerazioni personali

Anche se i romanzi sono molto diversi sia per trama, sia per ambientazione, sia per il periodo storico nel quale sono stati scritti, credo che non vogliano lanciare un messaggio poi così diverso. Le donne in qualsiasi epoca e contesto storico sono sempre rinchiuse in un ruolo predefinito: devono essere mogli e madri perfette, non posso divertirsi, devono essere a disposizione di qualsiasi uomo le richieda, ma non possono esprimere loro stesse, no! Perchè è più comodo gestire una donna che non pensa e che è rinchiusa in uno stereotipo, giusto? Quanta paura gli uomini hanno di noi? Quanta ne hanno sempre avuta?

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